Lina Wertmuller, l’ultima intervista

Lina Wertmuller, l’ultima intervista

Lina Wertmuller, l’ultima intervista

Il ricordo autoironico della grande regista scomparsa

Lina Wertmuller se ne è andata il 9 dicembre del 2021 alla bellezza di 93 anni, questa è una delle sue ultime interviste, l’occasione era la pubblicazione del suo memoir edito da Mondadori (che vi consiglio).

All’epoca, quest’intervista è uscita su Tu Style

Vispa come un grillo, Lina Wertmuller mi riceve nel salotto del suo celebre appartamento romano con vista su piazza del Popolo. Gli immancabili occhiali bianchi sul naso, è intenta a firmare una pila  di copie della sua autobiografia, Tutto a posto e niente in ordine, uscita per Mondadori (pagg. 284, Euro 18,50).

Sul tavolino davanti a lei troneggiano decine e decine di volumi, destinati agli amici di oggi per ricordare quelli di ieri: ovvero gran parte del cinema italiano e metà della vecchia Hollywood. Tutti raccontati nel libro con una grande passione e ironia, perché, come spiega nel sottotitolo (e come verificherete leggendo sotto), quella di Lina è stata davvero “la vita di una regista di buonumore”.

Cominciamo dalle sue amiche, in gran parte famose anche loro. Flora Carabella, per esempio, compagna di scuola e futura signora Mastroianni.

«Bellissima, con gli occhi a mandorla, da ragazze ci eravamo specializzate in pigiama party. Marcello ne fu completamente sedotto, e anche Federico Fellini e Luchino Visconti. Mi accolse nel suo mondo di artisti, il padre era un famoso direttore d’orchestra. E’ a lei che devo la strada che ho preso».

E le grandi attrici con cui ha lavorato: Monica Vitti, che nel libro descrive come una piantagrane, Sophia Loren.

«A Monica feci uno scherzo niente male. Debuttavamo in uno spettacolo teatrale in cui tutti recitavano in tuta, ma lei si era preparata di nascosto un abito da sera. Io lo scoprii e glielo feci a pezzi: si arrabbiò follemente. Che dire di Sophia? Era talmente bella che la sua bravura era perfino offuscata. Cary Grant se ne era innamorato, la voleva sposare, ma la pazza gli disse di no. Si può  rifiutare Cary Grant, secondo lei? Io non l’ho mai perdonata».

Mariangela Melato, protagonista di tanti suoi celebri film in coppia con Giancarlo Giannini.

«Un bel caratterino, spiritosa, bravissima. Tra noi cominciò con un incidente: interpretava Cassandra in uno spettacolo di Luca Ronconi, con i costumi di mio marito Enrico (Job, celebre costumista e scenografo oggi anche lui scomparso, ndr) che l’aveva completamente fasciata dalla testa ai piedi, come una mummia. Lei invece, per farsi vedere, entrò in scena a capo scoperto, mandando Enrico su tutte le furie. Così, mentre recitava solennemente le sue battute, lui dalla platea le gridò: puttana. Poi è diventata una delle mie più grandi amiche».

Che cosa fa di un’attrice una star, secondo lei?

«Il talento. Ma anche, indubbiamente, la fortuna».

Tra gli uomini della sua vita, invece, nel libro ricorda Fellini, al quale ha fatto da assistente in La dolce vita e 8 ½, e Mastroianni.

«Federico, che personaggio. Geniale, imprevedibile, donnaiolo, mi aveva assegnato anche il compito di tenere a bada le sue conquiste. Lui e Marcello avevano il vizio di fermare le belle donne per strada, promettendo loro carriere cinematografiche. Avevano dei “movimenti” pazzeschi, e siccome all’epoca non c’erano i cellulari, passavano ore e ore al telefono a gettone. Quando sul set tutti erano pronti per girare, bisognava andarli a recuperare, trascinandoli via dalle loro conversazioni erotiche».

Uno dei suoi paragrafi si intitola: “A letto con Sean Connery”.

(Ride) «Sì, beh, lo conobbi insieme a Marta Marzotto, eravamo in Spagna a una festa organizzata da un banchiere appassionato di cinema. Era talmente simpatico che a fine serata ci demmo appuntamento al nostro albergo, e finimmo in camera, a chiacchierare tutti e tre sdraiati sul letto».

Nanni Moretti invece, lo ha definito “uno stronzo”.

«E se lo merita. Però uno dei suoi ultimi lavori, Habemus Papam, mi è piaciuto».

Il suo film, Pasqualino Settebellezze, nel ‘77 ricevette quattro nomination all’Oscar: Miglior film straniero, Miglior regia, Miglior sceneggiatura e Miglior attore per Giancarlo Giannini.

«Pensi che roba: un film straniero e per di più diretto da una donna. Per ridere, alla cerimonia degli Oscar feci sedere al posto che mi era stato assegnato la moglie del critico Tullio Kezich, Lalla. Ogni volta che dovevano inquadrami, riprendevano lei. Non vinsi nulla, e finii la serata in albergo a mangiare pane e salame».

E’ vero che lei dorme tre ore per notte?

«Un tempo. Adesso me ne servono almeno cinque».

Al cinema ci va?

«Regolarmente, tutti i sabati pomeriggio. Ma non le citerò nessun film: sarebbe un tradimento nei confronti degli altri».

Sappiamo tutto della Wertmuller regista, poco della donna.

«Che vuole che le dica. Come donna ho avuto la fortuna di incontrare un uomo che poi è diventato mio marito, Enrico Job, il più grande regalo della mia vita. Con lui sono stata geisha, compagna di lavoro, artista, amante. Ci siamo divertiti molto».

Elisabetta Colangelo

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