14 serie cult del nuovo millennio che dovete assolutamente aver visto – PARTE SECONDA

14 serie cult del nuovo millennio che dovete assolutamente aver visto – PARTE SECONDA

14 serie cult del nuovo millennio che dovete assolutamente aver visto (e non ci sono scuse) PARTE SECONDA

 

Downton Abbey – La trovate su Prime Video

Sei stagioni in onda tra il 2010 e il 2015 create dall’aristocratico Julian Fellowes, due film al cinema, uno nel 2019, l’altro proprio quest’anno (Downton Abbey – La nuova era) si è imposta come fenomeno globale ricreando il gusto di un’epoca perduta e di uno stile di vita, e addirittura lanciando la moda del maggiordomo britannico nelle case dei milionari. Tra i suoi fan l’ex first Lady Michelle Obama (che ricevette l’intero cast alla Casa Bianca) e la stessa regina Elisabetta.

Che cosa racconta: Siamo nel 1912, e Downton Abbey è l’antica, magnifica, residenza di Lord Grantham e sua moglie Cora (nella realtà si tratta di Highclere Castle, nello Hampshire), che vi abitano con tre figlie in età da marito e uno stuolo di domestici. Le vite di aristocratici e servitori si intrecciano a partire da una disgrazia: la morte dell’erede di titolo e beni, affondato col Titanic. L’imbronciata Lady Mary (Michelle Dockery), primogenita Grantham, in quanto donna non può ereditare la tenuta, che sarà destinata a un lontano cugino borghese, Matthew Crawley (Dan Stevens), affascinante avvocato. La soluzione? Ovvio: farli sposare, complice gli intrighi della contessa madre, Lady Violet (un’impareggiabile Maggie Smith). Insieme alle vicende padronali seguiamo anche quelle dello staff di servizio, composto da un maggiordomo, una governante e numerosi valletti, cameriere e cuoche, tra i quali l’arrivo di un ex commilitone di Lord Grantham, per di più zoppo, ad occupare la posizione di valletto personale, innesca invidie e proteste. Tra una miriade di avvenimenti in stile feuilleton arriveremo al 1926.

Perché guardarla: Downton Abbey ha il merito di aver saputo coniugare un periodo storico di altissimo valore estetico, con sfondi di grande raffinatezza che sono diventati iconici, alle vicende familiari di un gruppo di personaggi forti, femminili e maschili. In una continua dialettica tra nobili e servitù che costituisce forse uno degli aspetti più interessanti della serie. È fondamentalmente una soap, ai cui intrighi ci si può appassionare senza sensi di colpa, e nello stesso tempo il ritratto glamour e nostalgico di un mondo le cui strutture sociali non esistono più. Magnifico il cast corale, con personaggi diventati iconici, uno per tutti lo snobissimo maggiordomo Carson (Jim Carter).

 

The Crown (nella foto) – La trovate su Netflix

È l’unica tra le serie che vi propongo in lista a non essere ancora conclusa: racconta la storia del regno di Elisabetta II e della famiglia reale britannica a partire dal 1947, con la futura regina appena ventunenne, e in 5 stagioni è arrivata fino alla crisi matrimoniale tra Carlo e Diana. Uno spettacolare colossalcostato centinaia di milioni, tra palazzi e location lussuose, ricostruzioni d’epoca, stuoli di comparse, scene sontuose di ricevimento e di caccia, e un cast strepitoso che ha già impegnato tre attrici (Claire Foy, Olivia Coleman e Imelda Stanton) nel ruolo di Elisabetta nelle diverse età. Pare che all’inizio fosse piaciuto alla stessa regina, poi ci sono state molteplici polemiche.

Che cosa racconta: The Crown segue la vita di Elisabetta II in tutte le sue tappe private, familiari e politiche: il matrimonio col cugino Filippo Mountbatten nel 947 e la nascita dei quattro figli, la perdita del padre Giorgio VI e la sua incoronazione a soli 25 anni, i guai con la sorella Margareth e i dissidi matrimoniali con lo stesso Filippo, i rapporti coi Primi ministri William Churchill (John Lithgow) e Margareth Thatcher (Gillian Anderson) e le tante complicazioni  politiche, l’osteggiata relazione del figlio Carlo con Camilla Parker Bowles, il suo matrimonio con Diana e i problemi tra i due. Come dicevo, il cast cambia a seconda delle età dei protagonisti, per cui vedremo Filippo interpretato prima da Matt Smith, poi da Tobias Menzies e infine da Jonathan Price, Margaret da Vanessa Kirby, Helena Bonham Carter e Leslie Manville, il principe Carlo da Josh O’Connor e Dominc West, lady Diana da Emma Corrin e Elizabeth Debicki

 

Glee – La trovate su Disney+

Teen dramedy mescolato a musical, in onda per 6 stagioni dal 2009 al 2015, divenne un fenomeno mondiale perché affrontava davvero il tema della “diversity” prima ancora che questo diventasse la grande ossessione dell’entertainment americano.

Che cosa racconta: In un liceo dell’Ohio in cui impazzano cheerleader e giocatori di football, un professore (Matthew Morrison) decide di ridare vita al glee club (il classico club musicale dei college americani) e mette insieme gruppo talentuoso, con qualche “difetto”.  Rachel (Lea Michele) bella e presuntuosa, nasconde di essere figlia di una coppia interrazziale omosessuale, Mercedes è nera e obesa, Tina balbuziente, Kurt gay, Artie in sedia a rotelle. Nelle varie stagioni seguiamo le storie dei protagonisti, spesso ostacolati dalla terribile allenatrice di football (diventata iconica) interpretata da Jane Lynch, e soprattutto la messa in scena degli spettacoli musicali del club che riprendono le più belle canzoni della discografia pop rock americana. Dato il successo, mentre la serie andava on onda le popstar si misero in fila per partecipare coi loro brani perché tutte le canzoni che passavano da Glee (nella prima stagione fece il “boom” Single ladies di Beyoncé) ricominciavano a vendere.  Tra le guest star ci sono Olivia Newton John, Britney Spears, Ricky Martin, Demi Lovato, Adam Lambert, insieme a Gwineth Paltrow, Sarah Jessica Parker, Kate Hudson, Woopy Goldberg.

Perché guardarla: Glee è una vera storia di “diversity”, uscita in momento storico in cui, con la crisi economica, in America tutti si sentivano un po’ “perdenti”. Oggi, all’indomani della pandemia, non è cambiato poi molto. In più la serie rilegge con occhi moderni alcuni celebri musical, da West side story a Saranno famosi, e ripropone brani pop di grande impatto: cantare e ballare serve ai protagonisti proprio per “abbattere” la loro diversità, in una sorta di rivalsa dei più deboli in cui chiunque può identificarsi.

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