Che si mangia stasera? Una chiacchierata con Giorgio Locatelli giudice di MasterChef Italia

Che si mangia stasera? Una chiacchierata con Giorgio Locatelli giudice di MasterChef Italia

Che si mangia stasera? Una chiacchierata con Giorgio Locatelli, giudice della nuova edizione di MasterChef Italia

 

Su Sky è appena partita la nuova edizione di MasterChef (tutti i giovedì) ancora una gara tra 20 chef amatoriali che vede in giuria i tre chef Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli. Lui, Locatelli, è l’ultimo ad essere entrato nel team: vi ripropongo qui un’intervista in cui si racconta.

 

I riccioli sale e pepe, lo sguardo malandrino, Giorgio Locatelli è il giudice che ha preso il posto di Carlo Cracco nel cuore delle fan di MasterChef. Classe 1963, originario del Lago Maggiore ma trapiantato a Londra dove la sua Locanda Locatelli – gestita con la moglie Plaxy – si è guadagnata una stella Michelin, è cresciuto tra i fornelli del ristorante di famiglia, La Cinzianella.

Di persona è semplice e cordiale, si racconta volentieri e ride spesso, infilando qua e là una parolina in inglese. 

Qual è il suo primo ricordo in cucina?

«A 5 anni aiutavo mio padre a sbucciare le mele per le macedonie dei banchetti di matrimonio. Nel catino della frutta praticamente ci stavo dentro».

E poi che cosa l’ha spinta a intraprendere la carriera?

«L’avevo già capito da bambino che avrei fatto lo chef. Ma non è stato sempre facile».  

Il momento più complicato (a parte ovviamente la pandemia)?

«Anni fa ci fu un’esplosione nell’hotel londinese che ospita il mio ristorante, siamo stati chiusi 6 mesi. Davvero molto stressante».

Da qualche edizione è giudice di MasterChef. Che cosa le sta dando questo programma?

«Mi ha fatto riscoprire il calore degli italiani: quando entri nelle loro case diventi parte della famiglia. In Inghilterra avevo già fatto tanti cooking show televisivi, ma il pubblico non è così affettuoso».

Le fan la inseguono come succedeva ai bei tempi di Cracco?

(ride) «Non mi pare, ma forse sono io che non me ne accorgo». 

In giuria siete in tre. Vizi e virtù dei suoi colleghi Bruno Barbieri e Antonino Cannavacciuolo?

(ride di nuovo) «Bruno è pignolissimo, ma anche una persona molto schietta, a fine giornata ti dice esattamente quello che pensa. Antonino non ha vizi, o forse li ha tutti. Gli inglesi direbbero che è larger than life, “più grande della vita”».

C’è un segreto per vincere MasterChef?

«Bisogna ricordarsi che si tratta di una gara: il risultato si ottiene per quello che si è cucinato quel giorno li».

Quindi ci vuole anche fortuna.

«D’altra parte persino ai migliori chef non tutte le ciambelle riescono col buco».

A lei che piatto riesce particolarmente bene?

«Dipende dalla stagione, in questo momento suggerirei la pernice in salsa di castagne e uva».

Nella sua Locanda londinese passano tante celebrities, chi le è rimasto nel cuore?

«Jude Law, per cui preparai una cena di beneficienza per i 40 anni di Quadrophenia, alla quale parteciparono Sting, Pete Townshend, il regista Franc Roddam. Per dessert ho servito dei tortini che riproducevano la forma delle famose pasticche blu di droga che vengono consumate nel film, è stato parecchio divertente».

A casa sua invece chi cucina?

«Ormai ci alterniamo con mia moglie, perché siamo rimasti solo noi due coi cani e i gatti, niente di entusiasmante. Ma quando c’erano i figli e i loro amici, il frigo era sempre pieno e mi sbizzarrivo».

Alle riunioni di famiglia che cosa le chiedono?

«Mia figlia Margherita ha gusti semplici, vuole il pollo arrosto, Jack che vive in Australia con la compagna mangia di tutto. In più si cimenta lui stesso in cucina, e non è niente male».

Tra i suoi amici c’è un altro celebre chef internazionale, Gordon Ramsay. Quando vi incontrate parlate di cibo o di Ferrari?

«Purtroppo ormai ci incrociamo solo agli eventi e riusciamo appena a chiederci come sta la famiglia. Eravamo giovanissimi quando ci siamo conosciuti, lui si era appena sposato e i nostri figli sono cresciuti insieme».

Confessi: ma a lei la cucina britannica piace? Perché in Italia non ha una grande reputazione.

«Diciamo che ha perso la propria identità regionale: con gli anni Sessanta e il rock and roll il cibo è stato dimenticato. Però ci sono prodotti eccezionali come la sogliola di Dover o il salmone affumicato scozzese che hanno quasi lo stesso potere commerciale del prosciutto di Parma o del parmigiano reggiano».

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