For all mankind è pronta per il binge-watching

For all mankind è pronta per il binge-watching

For all mankind è pronta per il binge-watching

 

La quarta stagione si è appena conclusa su Apple TV+ e per ora non ci è dato di sapere se ne arriverà una quinta (e stando al finale, la serie potrebbe anche chiudere così).

È dunque il momento giusto per cominciare il binge-watching di For all mankind – in traduzione, “per tutta l’umanità”, titolo che ricalca la frase della placca commemorativa lasciata sulla Luna dall’Apollo 11, che recita: “Siamo venuti in pace per tutta l’umanità”. Quaranta episodi suddivisi per l’appunto in 4 stagioni lanciate da Apple nel 2019, per una delle più sorprendenti e interessanti serie originali dedicate alla conquista dello Spazio, in cui si mescolano ucronia e fantascienza.

 

Che cosa racconta:  È difficile riassumere la complessità narrativa della serie, che si sviluppa attraverso diversi decenni e mette in scena un ampio gruppo di protagonisti affiancati da comprimari altrettanto importanti, le cui storie professionali e personali si intrecciano tra loro.

Il racconto parte nel 1969 da un’invenzione ucronica che sosterrà l’intera narrazione: il primo uomo a sbarcare sulla Luna non è un americano, bensì un russo.

La cosa scatenerà una corsa alla conquista dello Spazio che si protrarrà fino ai primi anni Duemila, e vedrà in gara fra loro le due superpotenze rappresentate da una parte dalla Nasa e dall’altra dall’agenzia spaziale sovietica Roscosmos (a cui poi si aggiungerà anche la Corea). E di conseguenza fornirà uno straordinario impulso allo sviluppo tecnologico, che avanzerà molto più rapidamente di quanto non sia realmente avvenuto, cambiando anche il corso della Storia in molti dettagli più o meno importanti. Per citarne qualcuno divertente: John Lennon non verrà ucciso ma diventerà un attivista per la pace, il principe Carlo sposerà subito Camilla, invece di Diana, gli Usa avranno una donna alla presidenza negli anni Novanta.

I protagonisti di questa epopea corale sono un gruppo di astronauti capeggiati dal giovane Edward Baldwin (interpretato da Joel Kinnaman), tra cui troviamo anche alcune donne (Sarah Jones, Jodi Balfour, Sonya Walger) e persino una nera (Krys Marshall), che nel corso degli anni avranno destini diversi (una di loro addirittura diventerà Presidente degli Usa).

Al loro fianco ci sono mogli e mariti che spesso, come la moglie di Baldwin (Shantel VanSanten) ad esempio, avranno un peso particolare nello sviluppo della trama, e i vari funzionari della Nasa e di Roscosmos che daranno vita a una complessa varietà di narrazioni parallele. E ancora politici, militari e molti altri personaggi, tra cui anche una specie di Steve Jobs che apparirà nella terza stagione.

Nel frattempo la corsa allo Spazio prevede la costruzione di una base sulla Luna, l’avvio dei primi viaggi turistici oltre la Terra, la conquista di Marte e lo sfruttamento delle risorse dei pianeti del sistema solare, oltre naturalmente (altrimenti non sarebbe una produzione americana) a diversi momenti di alta tensione politica tra Russia e America (ma anche, devo dire, di collaborazione).

 

Perché guardarla:  Cominciamo dal fatto che la serie si avvale di una sceneggiatura interessantissima e molto solida, spesso dotata di soluzioni sorprendenti, capace di mantenere (quasi) sempre alta l’attenzione dello spettatore. A sostenerla ci sono ottimi effetti speciali – i razzi, lo spazio stellato, la Luna, la rossa superficie di Marte – e un bellissimo cast corale che, con l’eccezione di Kinnaman, è composto da attori non particolarmente conosciuti ma evidentemente scelti per la loro bravura, a cui ci si affeziona immediatamente.

Lo sviluppo narrativo mescola con molta sapienza un po’ di tutto: la Storia e l’ucronia, la scienza e la fantascienza, il dramma, la soap, la politica e le rivendicazioni sociali e persino qualche momento di comicità. E alla sua base troviamo un particolare presupposto su cui vale la pena riflettere, perché secondo la visione che ci viene presentata, la politica mondiale avrebbe fatto molto meglio a sostenere la corsa allo Spazio durante il Ventesimo secolo, poiché questa avrebbe influenzato e cambiato in meglio la portata degli avvenimenti storici.

È così che nella serie le molte astronaute, spesso vere eroine, danno un grande impulso all’emancipazione femminile, il conflitto razziale tra bianchi e neri (e poi tra bianchi e asiatici) e la questione dei diritti degli omosessuali vengono affrontate con largo anticipo sulla storia reale, e persino la “guerra fredda”, oggi di nuovo inasprita, tra Russia e America può trovare alcune soluzioni geniali.

For all mankind per ora si è fermata con la sua narrazione ucronica al 2004, e, come accennavo prima, potrebbe concludersi così. Chissà se il suo creatore Ronald Dowl Moore – già noto per serie cult come Star Trek, Battlestar Galactica e Outlander – vorrà accompagnarci fino agli anni che stiamo attualmente vivendo.

 

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